Museo della Guerra Bianca in Adamello
associazione giuridicamente riconosciuta [ex art.1 D.P.R. n° 361/2000, personalità giuridica registrata al n° 222 della Prefettura di Brescia]
L'istituzione del Museo si fonda su uno Statuto [file .pdf 118k] approvato dall'Assemblea degli Associati e depositato come atto pubblico notarile.
Il Museo della Guerra Bianca in Adamello è una raccolta museale accreditata con D.G.R. della Regione Lombardia n. 19262/2004 [deliberazione n.7 del 5 novembre 2004] secondo i criteri e le linee guida contenute nella D.G.R. della Regione Lombardia 11643/2002 [Repubblica Italiana, Regione Lombardia, Bollettino Ufficiale, anno XXIV - N.275, 1° supplemento straordinario, Milano, martedì 23 novembre 2004]
Il Museo oltre alla nuova sede di Temú possiede una seconda sede nei pressi del Forte Montecchio Nord di Colico. Possono inoltre essere considerati distaccamenti il Forte di Fuentes di Colico e la Mina di San Fedele di Verceia.
Per chi vuole scoprire le origini del Museo, potete trovare le foto e le informazioni della sede originale.
L'Archivio Fotografico del Museo della Guerra Bianca in Adamello comprende alcune migliaia di immagini relative ai vari aspetti (vita, eventi, manufatti, oggetti, ecc.) della Prima Guerra Mondiale combattuta sul fronte italo-austriaco, con particolare riferimento ai settori operativi d'alta e media quota compresi tra Lombardia e Trentino Alto Adige, dal Passo dello Stelvio al Lago di Garda.
Il Forte di Fuentes sorge sul Montecchio Est, nel Pian di Spagna. Fu costruito tra il 1601 e il 1605. nel 1603 però il Forte era già attivo nonostante restassero da terminare alcune strutture. Gli ultimi lavori (in particolare la Chiesa di Santa Barbara) furono terminati nel 1608.
Il Forte fu voluto dal governatore spagnolo di Milano, Don Pedro Enriquez de Acevedo, Conte de Fuentes, per difendere il confine con i Grigioni che allora si trovava a poca distanza da Colico. La posizione del Forte è strategica poiché, trovandosi alla confluenza di Val Chiavenna e Valtellina, può agevolmente controllare le due direttrici.
Dal luglio 2011 è aperta al pubblico la nuova sede espositiva di Temù: qui sono esposte molte centinaia di oggetti recuperati direttamente sul terreno, presentati con testi e immagini storiche che aiutano il visitatore a comprendere gli elementi più caratteristici della Guerra vissuta e combattuta in alta quota: il muoversi e l’abitare, la sopravvivenza al clima, l’uso delle armi, dell’artiglieria, dei sistemi di trasporto e delle diverse attrezzature per la montagna, la vita di trincea in condizioni estreme, la sofferenza e, infine, la morte.
Alla base della realizzazione del nuovo stabile e del nuovo percorso espositivo c’è uno specifico progetto scientifico sviluppato dalla Commissione Tecnico-scientifica del Museo sia per valorizzare al meglio le peculiarità delle collezioni del Museo, sia per soddisfare gli standard di qualità regionali e ministeriali relativi ai servizi museali, in particolare l’ “Atto di indirizzo sui criteri tecnico-scientifici e sugli standard di funzionamento e sviluppo dei musei” (D.Lgs. N.112/98 art.150 comma 6 del Ministero per i Beni e le Attività Culturali).
La missione specifica cui tende il progetto scientifico del nuovo allestimento consiste nella valorizzazione degli elementi caratteristici della Guerra Bianca, “guerra di uomini, animali e materiali, combattuta per quattro anni sulle più alte quote di tutti i fronti della Prima Guerra Mondiale”. Tale assunto di base è stato il criterio informatore delle innumerevoli scelte fatte nel corso dell’attività progettuale sia per quanto riguarda il percorso espositivo sia per l’organizzazione della nuova struttura operativa. La presentazione al pubblico di beni musealizzati non può prescindere dallo studio approfondito del loro contesto originario. Anche alla luce delle esperienze espositive innovative di altri musei storici europei, il percorso di visita è stato realizzato in modo che risulti didatticamente coinvolgente nell’ambito di un corretto rapporto spazi-immagini-suoni: esso deve infatti facilitare al visitatore la comprensione delle valenze associate agli oggetti senza distorcerne la realtà in rappresentazioni coreografiche troppo spinte. A questo è stata associata la necessità primaria e imprescindibile della corretta conservazione dei beni attraverso opportuni sistemi di sicurezza e di controllo ambientale.
La nuova sede offre:
Dal 2 marzo 2009 la magnifica struttura di Forte Montecchio Nord a Colico è stata affidata dal Comune di Colico al Museo della Guerra Bianca per realizzarvi una nuova sede museale dedicato alla Grande Guerra in Lombardia ed il relativo centro studi e documentazione.
La vecchia esposizione del museo era sita in via Adamello 1 a Temù (bs), venne realizzata nel 1984 e smantellata nell’estate del 2011 a seguito del trasferimento delle collezioni nell’attuale sede di Via Roma 40. Per pura curiosità e memoria storica riportiamo la descrizione di tale vecchio allestimento.
Nel corso del primo conflitto mondiale, l'estremità occidentale del fronte italo-austriaco attraversava i due imponenti gruppi montuosi dell'Ortles-Cevedale e dell'Adamello-Presanella.
Allo scoppio delle ostilità i comandi militari Italiani ed Austriaci non erano preparati ad affrontare le problematiche di una guerra di alta montagna con permanenza ad oltre 3.000 metri di quota e ben presto si resero conto che la guerra lassù era totalmente diversa rispetto alle altre zone del fronte. Questo per la vastità e la morfologia del territorio che condizionava pesantemente ogni scelta militare. Secondo le strategie dell'epoca solo il possesso delle cime poteva garantire il controllo delle valli e la difesa doveva essere organizzata su più linee successive da abbandonare una ad una a seguito di un eventuale sfondamento avversario della prima linea. Questi due principi portarono a sanguinosi quanto inutili attacchi a cime rivelatesi in seguito non adeguatamente difendibili, nonché alla realizzazione contemporanea di tre o quattro linee difensive, togliendo energie per la formazione di una prima linea forte e disperdendo i reparti in estenuanti lavori dal valore tattico piuttosto scarso.
Alla dichiarazione di guerra da parte dell'Italia, l'Austria, da quasi un anno impegnata in durissimi scontri sul fronte Russo, dispone di pochi soldati da dedicare al nuovo fronte: gli austriaci, possono contare quasi esclusivamente sugli Standschutzen, civili al di fuori delle fasce di età della leva ma iscritti ai poligoni di tiro e quindi esperti tiratori. Questi, rapidamente inquadrati in reparti militarizzati, formarono quel velo difensivo che seppe resistere con coraggio ed abnegazione fino all'arrivo delle truppe fatte affluire dal fronte russo, questo anche grazie all'incapacità da parte italiana di sfruttarne l'intrinseca debolezza.
Il Passo del Tonale fu da subito considerato il punto strategico dell'intero settore: per questo motivo tutte le azioni, sia da parte italiana sia da parte austriaca, ebbero come obiettivo, diretto o indiretto, il possesso ed il superamento dell'importante valico.
La prima azione di guerra sui ghiacciai fu affidata al battaglione "Morbegno" il 9 giugno 1915. Gli alpini, nel tentativo di cogliere gli austriaci di sorpresa e occupare la Conca Presena, effettuarono una vera impresa alpinistica risalendo la Val Narcanello, il ghiacciaio del Pisgana e attraversando la parte alta di Conca Mandrone. Tuttavia, appena iniziata la discesa in Conca Presena, avvistati, furono sottoposti ad un intenso bombardamento ed al preciso tiro dei Landschutzen (le truppe scelte da montagna dell'esercito austriaco) che, pur essendo di numero assai inferiore, respinsero l'attacco.
Il 15 luglio, risalendo la Vedretta del Mandrone, gli austriaci tentarono un'azione contro il presidio al Rifugio Garibaldi. Il piano fallì per l'abilità dei difensori, ma mise in risalto la vulnerabilità del sistema difensivo italiano che avrebbe potuto essere aggirato muovendo attraverso i ghiacciai.
Fu quindi rafforzata la vigilanza ai margini della Vedretta del Mandrone (sulla cosiddetta "Linea dei Passi") e aumentata la consistenza del reparto di stanza presso il Rifugio Garibaldi che crebbe fino a divenire un battaglione autonomo di sciatori.
Il 25 agosto i reparti italiani furono impegnati in una nuova offensiva sulla sella del Tonale. Gli alpini, affrontando di notte notevoli difficoltà, riuscirono a conquistare la linea di cresta Castellaccio - Lagoscuro - Payer – Pisgana: fin da subito furono approntati i lavori per garantirne la difesa e i collegamenti, e quanto necessario per affrontare l'inverno ormai alle porte. Furono costruite baracche, postazioni d'artiglieria, scavate caverne e intagliati sentieri, sentieri di cui oggi è superstite testimonianza il suggestivo ed aereo "Sentiero dei Fiori" che percorre tutta la cresta. Altre azioni in direzione della Conca Presena furono tentate nell'autunno ma si conclusero senza alcun successo. Nella zona del Montozzo, ala destra del fronte del Tonale, le azioni più significative del 1915 portarono alla breve conquista italiana del Torrione d'Albiolo, presto ripreso dagli imperiali.
Durante il primo inverno di guerra il territorio decisamente ostile e le avversità atmosferiche costrinsero i contendenti ad immani opere di approntamento e di logistica per poter svernare a quote così elevate, in condizioni climatiche al limite della sopravvivenza. Se da un lato gli italiani avevano rafforzato la "Linea dei Passi", gli austriaci erano saldamente radicati alla testata della Val di Genova, intorno al Rifugio Mandrone, con presidi avanzati sulla dorsale montuosa Lobbia Alta - Monte Fumo. Fu in direzione di questa linea che si concentrarono le azioni italiane della primavera del 1916.
Il 12 aprile gli alpini, raggiunsero Passo Brizio e, irradiandosi a ventaglio sul ghiacciaio, conquistarono con difficoltà la linea Lobbia Alta-Cresta Croce-Dosson di Genova-Monte Fumo, presidiata dagli austriaci.
Due settimane dopo, il 29 e 30 aprile, fu attaccata e presa solo in parte anche la più orientale delle linee di difesa austriache: la cresta Crozzon di Folgorida - Crozzon di Lares - Passo di Cavento.
All'azione di fuoco contribuì anche un cannone da 149 G piazzato al Passo Venerocolo, il più grosso pezzo d'artiglieria mai portato a quote così elevate. Il suo trasporto richiese sforzi eccezionali a centinaia di soldati per quasi tre mesi, ma poi contribuì notevolmente a tutte le successive battaglie del fronte dei ghiacciai. Oggi monumento nazionale esso è ancora nella sua ultima postazione di Cresta Croce, a 3276 metri di quota.
Dopo due giorni di sanguinosi combattimenti l'azione fu sospesa pur mantenendo gli austriaci ancora saldamente le posizioni centrali dei Passi di Fargorida e delle Topette, avendo respinto ogni attacco. La situazione fu sbloccata qualche giorno dopo da una pattuglia di alpini che, aggirando le posizioni nemiche del Crozzon del Diavolo, costrinse al ripiegamento gli avversari; le truppe italiane furono così in grado di dilagare in Val di Genova, giungendo fino alle porte di Carisolo. L'improvvisa offensiva austriaca nota come "Strafexpedition", sferrata nel Trentino orientale, costrinse però gli italiani ad interrompere la loro avanzata, essendo divenuta prioritaria la difesa degli altipiani.
In seguito all'occupazione delle due dorsali al centro delle vedrette adamelline si presentò il problema di organizzare la logistica di questa nuova parte del fronte. Al Passo Garibaldi, ove giungevano le teleferiche che risalivano da Temù la Val d'Avio, sorse un grande villaggio militare. Da questa posizione, attraversando i ghiacciai del Mandrone e della Lobbia, i rifornimenti raggiungevano le posizioni più avanzate trasportati da slitte trainate inizialmente da muli, in seguito sostituiti da cani, animali molto più veloci e resistenti al clima d'alta quota. L'inverno si presentò subito quale nemico implacabile: temperature bassissime e abbondanti nevicate, seguite da micidiali valanghe, provocarono infatti numerosissime vittime lungo tutto il fronte dell'Adamello.
Sull'Adamello il 1917 fu un anno di relativa calma: l'esercito italiano era infatti impegnato nelle sanguinosissime battaglie dell'Isonzo. Unica azione di rilievo ebbe luogo il 15 giugno con la conquista da parte degli italiani del Corno di Cavento a 3402 metri di quota.
Gli abitanti dell'Alta Valle Camonica, e soprattutto quelli di Ponte di Legno, ricorderanno però il 1917 come il più nefasto dei quattro anni di guerra: il 27 settembre, infatti, gli austriaci bombardano l'abitato di Ponte distruggendolo completamente.
Passato l'inverno del 1917, e fermata l'onda absburgica seguita alla rotta di Caporetto, per il 1918 i comandi italiani del settore dell'Adamello prepararono nuove offensive. L'esercito austroungarico era ormai immerso nella grave crisi politica ed economica interna: impossibili gli approvvigionamenti di materie prime e capitali a causa del blocco imposto dall'Intesa, le risorse stavano rapidamente esaurendo.
Piccole azioni furono dirette, nel mese di maggio, verso le propaggini della cresta Punta dell'Orco-Fargorida, ma furono solo i preparativi della più grande battaglia dell'intero fronte dell'Adamello: la conquista della Conca Presena, spina nel fianco dello schieramento difensivo italiano.
Questa azione, la più significativa e complessa tra tutte le battaglie della "Guerra Bianca", si svolse tra il 25 e il 28 maggio 1918 e vide impegnati numerosi battaglioni di alpini e oltre 200 pezzi d'artiglieria di ogni calibro.
Il 13 giugno, gli austriaci, in concomitanza con un analogo estremo attacco sul Piave, sferrarono sul Tonale la "Lawine-expedition" (Offensiva Valanga), ma gli italiani resistettero per due giorni ai pressanti assalti, costringendo infine gli austriaci a desistere.
Il 15 giugno, gli austriaci, con un'azione ben riuscita, rioccuparono di sorpresa il Corno di Cavento, esattamente un anno dopo averlo perduto. Il Cavento però resta in mani austriache ben poco: il successivo 19 luglio, infatti, gli italiani rimisero piede sulla posizione e fu definitivamente.
Il 13 agosto, una nuova offensiva italiana cercò di completare l'occupazione della Conca Presena.
Il 1° novembre 1918, il Passo del Tonale fu ancora una volta campo di battaglia: gli imperiali, allo stremo delle forze ma fedeli al compito di difesa assegnato, combatterono con le ultime risorse, senza tuttavia fermare l'esercito italiano che dilagò in Val di Sole catturando interi reparti avversari.
Finita la guerra, su quelle tormentate montagne, scese il velo silenzioso della pace.
Una indimenticabile pagina di storia è stata scritta col sangue, da uomini che, senza odio, combatterono per la difesa della propria Patria.
il Museo della Guerra Bianca in Adamello è associazione giuridicamente riconosciuta [ex art.1 D.P.R. n° 361/2000, personalità giuridica registrata al n° 222 della Prefettura di Brescia]
L'istituzione del Museo si fonda su uno Statuto [file .pdf 118k] approvato dall'Assemblea degli Associati e depositato come atto pubblico notarile.
Il Museo della Guerra Bianca in Adamello è un Museo accreditato con D.G.R. della Regione Lombardia n. X/1954, del 13-06-2014 secondo i criteri e le linee guida contenute nella D.G.R. della Regione Lombardia 11643/2002 [Repubblica Italiana, Regione Lombardia, Bollettino Ufficiale, N.25, Serie Ordinaria, Milano, 19 giugno 2014]
Il Museo oltre alla sede di Temú dal 2008 gestisce ed ha sede operativa anche presso il Forte Montecchio Nord a Colico. Ulteriori sedi operative, gestite direttamente dal Museo sono il Forte di Fuentes e la Torre di Fontanedo a Colico e la Galleria di Mina a San Fedele di Verceia.
Per chi vuole scoprire le origini del Museo, qui può trovare le informazioni della vecchia sede.
Il Museo, in linea con gli standard di qualità, è dotato della “Carta dei Servizi” e dello specifico “Modulo di segnalazione e reclamo”
"Per non dimenticare" sono le parole scolpite sulla colonna mozza posta a quota 2105 dell´Ortigara. Ricordare i sacrifici, le sofferenze, le vite distrutte dalla guerra deve e può essere per tutti stimolo e monito di pace. E´ questo l’impegno che il Museo della Guerra Bianca in Adamello di Temù ha assunto nei confronti degli uomini che sulle nostre montagne hanno sofferto e sono caduti, qualunque fosse la loro nazionalità, raccogliendo le parole di uno di costoro, parole che così ci ammoniscono:
"... i morti è meglio che non vedano
quel che son capaci di fare i vivi e
la strada storta che sta prendendo il mondo,
... è meglio che non si accorgano nemmeno
che noi siamo diventati così poveri e
tanto miseri che non siamo capaci
di volerci bene ...... no, è meglio che i morti
stiano nella neve e nel ghiaccio
e che non sappiano di noi, altrimenti
potrebbero pensare di essere morti invano
ed allora si sentirebbero ancora più soli... "
Gian Maria Bonaldi
(combattente in Adamello)