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Martedì, 02 Aprile 2013 18:53

La Guerra Bianca in Adamello

Nel corso del primo conflitto mondiale, l'estremità occidentale del fronte italo-austriaco attraversava i due imponenti gruppi montuosi dell'Ortles-Cevedale e dell'Adamello-Presanella.

Allo scoppio delle ostilità i comandi militari Italiani ed Austriaci non erano preparati ad affrontare le problematiche di una guerra di alta montagna con permanenza ad oltre 3.000 metri di quota e ben presto si resero conto che la guerra lassù era totalmente diversa rispetto alle altre zone del fronte. Questo per la vastità e la morfologia del territorio che condizionava pesantemente ogni scelta militare. Secondo le strategie dell'epoca solo il possesso delle cime poteva garantire il controllo delle valli e la difesa doveva essere organizzata su più linee successive da abbandonare una ad una a seguito di un eventuale sfondamento avversario della prima linea. Questi due principi portarono a sanguinosi quanto inutili attacchi a cime rivelatesi in seguito non adeguatamente difendibili, nonché alla realizzazione contemporanea di tre o quattro linee difensive, togliendo energie per la formazione di una prima linea forte e disperdendo i reparti in estenuanti lavori dal valore tattico piuttosto scarso.

Alla dichiarazione di guerra da parte dell'Italia, l'Austria, da quasi un anno impegnata in durissimi scontri sul fronte Russo, dispone di pochi soldati da dedicare al nuovo fronte: gli austriaci, possono contare quasi esclusivamente sugli Standschutzen, civili al di fuori delle fasce di età della leva ma iscritti ai poligoni di tiro e quindi esperti tiratori. Questi, rapidamente inquadrati in reparti militarizzati, formarono quel velo difensivo che seppe resistere con coraggio ed abnegazione fino all'arrivo delle truppe fatte affluire dal fronte russo, questo anche grazie all'incapacità da parte italiana di sfruttarne l'intrinseca debolezza.

Il Passo del Tonale fu da subito considerato il punto strategico dell'intero settore: per questo motivo tutte le azioni, sia da parte italiana sia da parte austriaca, ebbero come obiettivo, diretto o indiretto, il possesso ed il superamento dell'importante valico.


La prima azione di guerra sui ghiacciai fu affidata al battaglione "Morbegno" il 9 giugno 1915. Gli alpini, nel tentativo di cogliere gli austriaci di sorpresa e occupare la Conca Presena, effettuarono una vera impresa alpinistica risalendo la Val Narcanello, il ghiacciaio del Pisgana e attraversando la parte alta di Conca Mandrone. Tuttavia, appena iniziata la discesa in Conca Presena, avvistati, furono sottoposti ad un intenso bombardamento ed al preciso tiro dei Landschutzen (le truppe scelte da montagna dell'esercito austriaco) che, pur essendo di numero assai inferiore, respinsero l'attacco.
Il 15 luglio, risalendo la Vedretta del Mandrone, gli austriaci tentarono un'azione contro il presidio al Rifugio Garibaldi. Il piano fallì per l'abilità dei difensori, ma mise in risalto la vulnerabilità del sistema difensivo italiano che avrebbe potuto essere aggirato muovendo attraverso i ghiacciai.

Fu quindi rafforzata la vigilanza ai margini della Vedretta del Mandrone (sulla cosiddetta "Linea dei Passi") e aumentata la consistenza del reparto di stanza presso il Rifugio Garibaldi che crebbe fino a divenire un battaglione autonomo di sciatori.
Il 25 agosto i reparti italiani furono impegnati in una nuova offensiva sulla sella del Tonale. Gli alpini, affrontando di notte notevoli difficoltà, riuscirono a conquistare la linea di cresta Castellaccio - Lagoscuro - Payer – Pisgana: fin da subito furono approntati i lavori per garantirne la difesa e i collegamenti, e quanto necessario per affrontare l'inverno ormai alle porte. Furono costruite baracche, postazioni d'artiglieria, scavate caverne e intagliati sentieri, sentieri di cui oggi è superstite testimonianza il suggestivo ed aereo "Sentiero dei Fiori" che percorre tutta la cresta. Altre azioni in direzione della Conca Presena furono tentate nell'autunno ma si conclusero senza alcun successo. Nella zona del Montozzo, ala destra del fronte del Tonale, le azioni più significative del 1915 portarono alla breve conquista italiana del Torrione d'Albiolo, presto ripreso dagli imperiali.

Durante il primo inverno di guerra il territorio decisamente ostile e le avversità atmosferiche costrinsero i contendenti ad immani opere di approntamento e di logistica per poter svernare a quote così elevate, in condizioni climatiche al limite della sopravvivenza. Se da un lato gli italiani avevano rafforzato la "Linea dei Passi", gli austriaci erano saldamente radicati alla testata della Val di Genova, intorno al Rifugio Mandrone, con presidi avanzati sulla dorsale montuosa Lobbia Alta - Monte Fumo. Fu in direzione di questa linea che si concentrarono le azioni italiane della primavera del 1916.
Il 12 aprile gli alpini, raggiunsero Passo Brizio e, irradiandosi a ventaglio sul ghiacciaio, conquistarono con difficoltà la linea Lobbia Alta-Cresta Croce-Dosson di Genova-Monte Fumo, presidiata dagli austriaci.

Due settimane dopo, il 29 e 30 aprile, fu attaccata e presa solo in parte anche la più orientale delle linee di difesa austriache: la cresta Crozzon di Folgorida - Crozzon di Lares - Passo di Cavento.

All'azione di fuoco contribuì anche un cannone da 149 G piazzato al Passo Venerocolo, il più grosso pezzo d'artiglieria mai portato a quote così elevate. Il suo trasporto richiese sforzi eccezionali a centinaia di soldati per quasi tre mesi, ma poi contribuì notevolmente a tutte le successive battaglie del fronte dei ghiacciai. Oggi monumento nazionale esso è ancora nella sua ultima postazione di Cresta Croce, a 3276 metri di quota.


Dopo due giorni di sanguinosi combattimenti l'azione fu sospesa pur mantenendo gli austriaci ancora saldamente le posizioni centrali dei Passi di Fargorida e delle Topette, avendo respinto ogni attacco. La situazione fu sbloccata qualche giorno dopo da una pattuglia di alpini che, aggirando le posizioni nemiche del Crozzon del Diavolo, costrinse al ripiegamento gli avversari; le truppe italiane furono così in grado di dilagare in Val di Genova, giungendo fino alle porte di Carisolo. L'improvvisa offensiva austriaca nota come "Strafexpedition", sferrata nel Trentino orientale, costrinse però gli italiani ad interrompere la loro avanzata, essendo divenuta prioritaria la difesa degli altipiani.

In seguito all'occupazione delle due dorsali al centro delle vedrette adamelline si presentò il problema di organizzare la logistica di questa nuova parte del fronte. Al Passo Garibaldi, ove giungevano le teleferiche che risalivano da Temù la Val d'Avio, sorse un grande villaggio militare. Da questa posizione, attraversando i ghiacciai del Mandrone e della Lobbia, i rifornimenti raggiungevano le posizioni più avanzate trasportati da slitte trainate inizialmente da muli, in seguito sostituiti da cani, animali molto più veloci e resistenti al clima d'alta quota. L'inverno si presentò subito quale nemico implacabile: temperature bassissime e abbondanti nevicate, seguite da micidiali valanghe, provocarono infatti numerosissime vittime lungo tutto il fronte dell'Adamello.

Sull'Adamello il 1917 fu un anno di relativa calma: l'esercito italiano era infatti impegnato nelle sanguinosissime battaglie dell'Isonzo. Unica azione di rilievo ebbe luogo il 15 giugno con la conquista da parte degli italiani del Corno di Cavento a 3402 metri di quota.
Gli abitanti dell'Alta Valle Camonica, e soprattutto quelli di Ponte di Legno, ricorderanno però il 1917 come il più nefasto dei quattro anni di guerra: il 27 settembre, infatti, gli austriaci bombardano l'abitato di Ponte distruggendolo completamente.

Passato l'inverno del 1917, e fermata l'onda absburgica seguita alla rotta di Caporetto, per il 1918 i comandi italiani del settore dell'Adamello prepararono nuove offensive. L'esercito austroungarico era ormai immerso nella grave crisi politica ed economica interna: impossibili gli approvvigionamenti di materie prime e capitali a causa del blocco imposto dall'Intesa, le risorse stavano rapidamente esaurendo.


Piccole azioni furono dirette, nel mese di maggio, verso le propaggini della cresta Punta dell'Orco-Fargorida, ma furono solo i preparativi della più grande battaglia dell'intero fronte dell'Adamello: la conquista della Conca Presena, spina nel fianco dello schieramento difensivo italiano.

Questa azione, la più significativa e complessa tra tutte le battaglie della "Guerra Bianca", si svolse tra il 25 e il 28 maggio 1918 e vide impegnati numerosi battaglioni di alpini e oltre 200 pezzi d'artiglieria di ogni calibro.
Il 13 giugno, gli austriaci, in concomitanza con un analogo estremo attacco sul Piave, sferrarono sul Tonale la "Lawine-expedition" (Offensiva Valanga), ma gli italiani resistettero per due giorni ai pressanti assalti, costringendo infine gli austriaci a desistere.
Il 15 giugno, gli austriaci, con un'azione ben riuscita, rioccuparono di sorpresa il Corno di Cavento, esattamente un anno dopo averlo perduto. Il Cavento però resta in mani austriache ben poco: il successivo 19 luglio, infatti, gli italiani rimisero piede sulla posizione e fu definitivamente.
Il 13 agosto, una nuova offensiva italiana cercò di completare l'occupazione della Conca Presena.
Il 1° novembre 1918, il Passo del Tonale fu ancora una volta campo di battaglia: gli imperiali, allo stremo delle forze ma fedeli al compito di difesa assegnato, combatterono con le ultime risorse, senza tuttavia fermare l'esercito italiano che dilagò in Val di Sole catturando interi reparti avversari.

Finita la guerra, su quelle tormentate montagne, scese il velo silenzioso della pace.

Una indimenticabile pagina di storia è stata scritta col sangue, da uomini che, senza odio, combatterono per la difesa della propria Patria.

Letto 22844 volte Ultima modifica il Martedì, 02 Aprile 2013 19:25